Abilismo
Una ragazza in sedia a rotelle sta per entrare in un’aula della sua università. Uno studente le si avvicina e le chiede con insistenza di poterla aiutare a portare i libri che ha in mano. Lei risponde di no, ma il ragazzo, incurante della sua opinione, le prende i libri con fare misericordioso e, non contento, spinge la sedia all’interno dell’aula. Questo è uno degli aspetti (non l’unico, come vedremo) dell’abilismo.
Con questo termine si indica la discriminazione contro le persone con disabilità. Alla sua base c’è il presupposto che la “normalità” consista nell’avere un corpo “abile” e sostanzialmente riduce la persona alla sua disabilità.
L’abilismo ha molte facce: risulta particolarmente evidente nel linguaggio (pensate a tutte quelle espressioni legate alla disabilità che vengono impiegate come offese, oppure a tutti i termini non corretti con cui si indica la disabilità), ma si manifesta anche in una lunga serie di comportamenti e atteggiamenti discriminatori.
Uno dei suoi aspetti, per esempio, è l’infantilizzazione delle persone con disabilità, che consiste nel dare loro automaticamente del tu, oppure nel dare per scontato che chi le accompagna sia sempre un parente e non lə partner.
Un altro lato dell’abilismo è l’inspiration porn. Una frase come “Quanto sei coraggiosə!” detta a una persona con disabilità non è un complimento: è offensivo e discriminante e si tratta di una vera e propria microaggressione, perché sottintende che quella persona sia in una condizione di infelicità e dolore e che quindi fare qualunque cosa comporti una dose di coraggio non richiesta alle persone che una disabilità non ce l’hanno.
C’è poi, stettamente collegato a questo, il pietismo, che consiste appunto nel commiserare e compatire la persona con disabilità, proprio quello che è successo alla ragazza del nostro esempio iniziale.
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Eccentrico. Autismo e Asperger in un saggio autobiografico di Fabrizio Acanfora, Effequ, 2018
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